L'Occhio infinito di Galileo - Ipparco di Nicea e la precessione degli equinozi

Altra figura fondamentale è stata quella di Ipparco di Nicea (190 a.C – 120 a.C.). La maggior parte delle informazioni che abbiamo su di lui ci sono giunte attraverso le opere di Tolomeo. Alcuni hanno sostenuto perfino che l’invenzione della trigonometria si debba proprio a lui. Di certo si deve a lui il calcolo esatto della lunghezza dell’anno tropico, ossia del tempo impiegato dal Sole per tornare nella stessa posizione, vista dalla Terra, lungo l’eclittica, e che ha come punto zero il punto d’Ariete (punto γ) o equinozio di primavera. Questo è il punto che introduce la primavera astronomica ed è uno dei due (l’altro è il punto della Bilancia (punto Ω) o equinozio d’autunno) in cui l’equatore celeste interseca l’eclittica, come è illustrato nella figura seguente:

L’eclittica e l’equatore celeste hanno due punti in comune, il punto Ω (punto della Bilancia) o equinozio d’autunno ed il punto γ (punto d’Ariete) o equinozio di primavera. Quest’ultimo è il punto da cui si fa iniziare l’anno tropico. Tra il punto d’Ariete e quello della Bilancia il Sole sale “sopra” l’equatore celeste (primavera ed estate). Tra quello della Bilancia e quello d’Ariete il Sole scende “sotto” l’equatore celeste (autunno ed inverno). Si definisce come equatore celeste l’intersezione del piano che contiene l’equatore terrestre con la sfera celeste. Analogamente l’eclittica indicata nella figura è l’intersezione del piano contenente l’orbita solare con la stessa sfera celeste.

Ipparco calcolò l’anno con una precisione di circa 6 minuti, ma soprattutto scoprì la precessione degli equinozi attribuendole il valore annuo straordinariamente preciso di 45 secondi d’arco. La precessione degli equinozi altro non è che il lento movimento dell’asse terrestre attorno all’asse dell’eclittica, che si compie in 25800 anni circa. A causa di ciò gli equinozi (d’autunno e di primavera) si spostano costantemente lungo l’eclittica di una valore annuo che oggi sappiamo essere di 50,26 secondi d’arco.
Eccezionale quindi non solo la precisione ottenuta da Ipparco, ma il fatto stesso di avere scoperta e correttamente interpretata questa lenta ed impercettibile variazione.
La precessione fa si che al giorno d’oggi la stella più vicina al polo Nord celeste sia la stella polare, mentre 3000 anni prima di Cristo era la debole Thuban e tra 12000 anni sarà la brillantissima Vega. Questo moto è simile a quello di una trottola che sta cadendo ed è riportato nella figura che segue:

Al pari di una trottola che sta per cadere, l’asse di rotazione terrestre descrive un cono attorno all’asse dell’eclittica in 25800 anni circa. Questo movimento si chiama precessione degli equinozi e fa sì che la stella più vicina al Polo Nord celeste vari col tempo. Oggi è la Polare, tra 12000 anni sarà la luminosissima Vega.

Famoso è anche il suo catalogo di stelle che conteneva circa 850 voci. Forse fu proprio attraverso l’ instancabile lavoro svolto per la sua compilazione che Ipparco giunse alla sua maggiore scoperta. Egli probabilmente iniziò la catalogazione avendo il sospetto che le stelle “fisse” potessero avere dei moti relativi. Ciò lo avrebbe indotto ad intraprendere l’opera di costruire un catalogo di stelle per confrontarne le sue posizioni con quelle di un precedente catalogo compilato circa 160 prima da Aristillo e Timocari. Plinio, nella sua Storia naturale, dice inoltre che grande importanza ebbe per Ipparco l’apparizione in cielo di una stella mai vista fino a quel momento, una nova stella (oggi ancora chiamate novae, sono esplosioni violentissime di stelle). Da ciò l’indagine del grande astronomo per appurare se le stelle nascono e muoiono, se variano di luminosità, e se si muovono le une rispetto alle altre, ecc. Ipparco fornisce un ottimo esempio di vero scienziato che, puntando alla ricerca della verità, non si cura di staccarsi dai dogmi aristotelici e platonici, uno dei quali riguardava appunto la inviolabilità della perfezione dei cieli.

Ipparco scoprì la precessione proprio confrontando le sue misure di longitudine di stelle con quelle precedenti. Trovò che tutte differivano di circa due gradi. Le latitudini celesti, invece, erano rimaste praticamente invariate. Si poneva ora il problema di stabilire se era l’intera sfera recante le stelle fisse ad aver ruotato verso est o se erano stati i punti degli equinozi ad aver ruotato verso ovest. Dopo qualche indecisione iniziale, Ipparco accettò la conclusione del moto dei punti equinoziali, considerato anche che, non trovando variazioni nelle latitudini, era molto improbabile attribuire la variazione costante a moti propri delle stelle. Pubblicò la sua scoperta (assieme al resoconto scientifico su cui era basata) su un libro intitolato Sulle variazioni [di posizione] dei punti equinoziali, del quale Tolomeo ci ha lasciato alcune citazioni nella sua opera fondamentale, l’Almagesto.